La teoria dell’apprendimento sociale e il concetto di autoefficacia furono elaborati negli anni ’60 da Albert Bandura, psicologo specializzato in psicologia dello sviluppo e psicologia dell’educazione. Nel corso degli anni Bandura ha studiato come gli aspetti individuali, sia comportamentali che cognitivi, interagiscono con gli elementi ambientali nel determinare un apprendimento bidirezionale.

Teoria dell’apprendimento sociale

Bandura iniziò le sue ricerche concentrandosi sulla motivazione umana, l’azione e il pensiero e lavorò con Richard Walters per esplorare l’aggressione sociale. L’esperimento più noto sul tema è quello della bambola Bobo, dal nome commerciale del pupazzo gonfiabile utilizzato.

Esperimento della bambola Bobo

Negli esperimenti furono coinvolti bambini di entrambi i sessi e di età compresa tra i 3 e i 6 anni. Inizialmente questi vennero fatti sedere in una sala giochi all’interno della quale erano presenti: un adulto, vari giocattoli, tra cui una mazza, e Bobo. In alcuni casi, l’adulto giocava per qualche minuto e ignora il pupazzo, in altri, prendeva quasi subito Bobo a martellate, in altri ancora, l’adulto aggressivo, di volta in volta, veniva premiato o sgridato o lasciato senza conseguenze.

In un secondo tempo, i bambini vennero condotti in un’altra stanza, dove erano presenti diversi giochi. Dopo due minuti, i giocattoli venivano sottratti, dicendo che erano riservati ad altri bambini, quindi i bambini venivano riportati nella prima sala. A questo punto i bambini, che aveva assistito all’aggressione di Bobo da parte dell’adulto, manifestavano un gioco di tipo aggressivo, conseguenza della sottrazione precedente dei giocattoli, e in particolare agivano la loro rabbia attraverso gesti ed espressioni verbali violente nei confronti del pupazzo Bobo, in misura assai superiore a quella espressa dai soggetti che non avevano assistito alla violenza da parte dell’adulto.

Fu osservato che il comportamento aggressivo era molto più intenso nei maschi che nelle femmine, inoltre non emerse nessun effetto particolare, sull’espressione di aggressività nei bambini, in relazione al fatto che l’adulto fosse stato o meno premiato o sgridato.

L’elaborazione della teoria

Questi esperimenti hanno mostrato come l’apprendimento non sia esclusivamente legato ai meccanismi di premio o punizione, esso passa anche attraverso l’osservazione e l’imitazione. Partendo da questi studi Albert Bandura coniò il termine modellamento, ovvero la modalità di apprendimento che entra in gioco quando il comportamento di un organismo, che assume la funzione di modello, influenza il comportamento di colui che lo osserva.

Bandura ha sottolineato che i bambini imparano in un ambiente sociale e spesso imitano il comportamento degli altri, questo processo è noto come teoria dell’apprendimento sociale.

Inoltre analizzando le variabili che sono coinvolte nel processo di apprendimento, lo studioso concluse che le aspettative proprie e altrui sulle prestazioni esercitano un’influenza molto forte sui comportamenti, sulla valutazione di effetti e risultati e sui processi di apprendimento.

La teoria dell’apprendimento sociale ha messo in evidenza in modo scientifico come gli altri costituiscano un modello importante nello sviluppo del bambino. Attraverso la semplice osservazione del comportamento delle persone vicine e delle conseguenze dello stesso, il piccolo apprenderà quali sono azioni correte da intraprendere per ottenere determinati scopi.

L’autoefficacia

A partire dalla teoria dell’apprendimento sociale, Albert Bandura elaborò il costrutto di autoefficacia (self – efficacy). Con questo termine si intende la convinzione e il giudizio da parte dell’individuo stesso di poter organizzare ed eseguire con successo una prestazione. Coloro che hanno un basso senso di autoefficacia tenderanno a credere di non essere in grado si far fronte agli eventi, per questo saranno portati ad evitare determinate situazioni o a mettere in atto comportamenti con basse prestazioni, ne consegue un possibile fallimento. L’esito negativo va a sua volta ad alimentare il seno di bassa autoefficacia in un circolo vizioso da cui è difficile uscire.

 La convinzione di autoefficacia di ognuno è legata a due principali ordini di fattori: l’esperienza e le attribuzioni.

Esperienza e autoefficacia

Il senso di autoefficacia è legato alle esperienze passate dell’individuo, per cui la messa in atto di comportamenti con un esito positivo influenzerà incrementandola, la propria percezione di autoefficacia, ovviamente ciò è vero anche in senso negativo. Le esperienze in grado di influenzare le proprie convinzioni partono fin dalla primissima infanzia e riguardano:

  • Esperienza diretta (l’individuo mette in atto dei comportamenti in prima persona verso uno specifico obiettivo)
  • Esperienza vicaria o apprendimento sociale (la persona osserva e si indentifica con un altro individuo che funge da modello, in questo modo apprenderà quali comportamenti determinano certi risultati)
  • Persuasione verbale (L’individuo è spronato ad adottare certi comportamenti)
  • Stati emotivi e fisiologici (Emozioni e sensazioni positive legate alle azioni inducono la persona a percepire l’esito come positivo)

Attribuzioni e autoefficacia

Le esperienze possono influenzare il senso di autoefficacia soltanto in funzione del significato attribuito ad esse dell’individuo, cioè a seconda di quale valore si attribuisce il successo o al fallimento. Come evidenziò Martin Seligman negli anni ’70, gli esiti di una determinata azione possono essere attribuiti a:

  • Fattori interni all’individuo o esterni legati all’ambiente;
  • Cause stabili e quindi immodificabili oppure instabili;
  • Eventi controllabili dal soggetto o incontrollabili.

E’ importante sottolineare come non esitano stili di attribuzioni “giusti” o “sbagliati”, tuttavia a seconda di quello utilizzato da un individuo in conseguenza ad uno specifico evento, questi determineranno un aumento o meno del senso di autoefficacia. A sua volta una maggiore autoefficacia determinerà nell’individuo la tendenza a mettere in atto in futuro comportamenti efficaci per far fronte agli eventi. A sua volta una buona convinzione di autoefficacia porterà ad avere stili di attribuzione più funzionali al benessere personale.

Autoefficacia nella realtà

Provando a fare alcuni esempi pratici. Possiamo immaginare un ragazzo che boccia un esame universitario. Anche nel momento in cui l’esperienza vissuta è negativa se l’individuo, con un elevato senso di autoefficacia, attribuisce il fallimento a fattori interni (ad esempio una scarsa preparazione), instabili (la prossima volta il risultato potrò essere diverso) e controllabili (passare o meno l’esame dipende dall’impegno personale), questo sarà portato a mettere in atto azioni che avranno una maggiore probabilità di successo in futuro (ad esempio una preparazione migliore per l’esame).

Similmente se il ragazzo supera l’esame ma attribuisce l’esito, per uno scarso senso di autoefficacia, a fattori esterni (ad esempio la fortuna o la buona disposizione del professore) instabili e incontrollabili (qualunque cosa possa fare l’esito non dipende da me), questo non sarà portato in futuro a mettere in atto comportamenti funzionali, andando probabilmente incontro successivamente a esiti negativi.

Bibliografia

  • Troiano, M., Petrone, L., Di Giuseppe, L., (2005) Dizionario di psicologia in Internet, Roma: Edizioni Scientifiche Ma.Gi.
  • Bandura, A. (1977). Social Learning Theory. New York: General Learning Press.
  • Bandura, A. (1973). Aggression: A Social Learning Analysis. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.
  • Bandura, A. (1986). Social Foundations of Thought and Action. Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall.
  • Bandura, A. (1997). Self-efficacy: The exercise of control. New York: W.H. Freeman.
  • Galeazzi A., Goti F. e Argenziano L.(1995). Autoefficacia e controllo personale. In Personalità e competenza sociale. Pordenone: ERIP
  • https://www.stateofmind.it/2018/04/albert-bandura-psicologia/