Quando le parole non bastano per descrivere un vissuto o un’emozione è spesso necessario ricorrere a strumenti complementari che aiutino la cura psicoterapeutica del paziente. Uno dei mezzi usati oggi è la fotografia, uno strumento artistico potente dal punto di vista emotivo e comunicativo, che si è evoluto negli ultimi decenni come tecnica non solo in arte-terapia, ma anche in orientamenti psicoterapeutici di diverso indirizzo quale gestaltico, sistemico e cognitivo-comportamentale.

Fotografia e psichiatria

Il padre della fotografia psichiatrica  fu il Dr. Hugh Welch Diamond, il quale iniziò ad usare questo strumento come mezzo di cura e testimonianza del progresso delle sue pazienti. Diamond, fotoamatore e psichiatra, direttore del Manicomio Femminile di Surrey, riconobbe il potenziale ruolo facilitatore proprio della fotografia nel processo di cura dei pazienti. Diamond riportò alcuni casi in cui la fotografia contribuì all’esito positivo del trattamento di cura ricevuto dalle pazienti presso il suo istituto.

La forza catalizzatrice dell’immagine fotografica non è dovuta tanto alla sua validità artistica che anzi risulta essere irrilevante per il suo utilizzo come strumento terapeutico, ma è data dalla sua efficacia di rievocare il simbolico personale del paziente, di aiutarlo a far riemergere emozioni e vissuti. Oggi diversi studi mostrano la validità del medium fotografico nel percorso di cura di pazienti affetti da disturbi alimentari, disturbi ossessivo-compulsivi, depressione e stati ansiosi, in interventi sociali, di formazione e di empowerment.

Fotografia in psicoterapia oggi

Nei tempi più recenti, la foto-terapia è uscita dall’ambito puramente psichiatrico ed è diventata una pratica diffusa in campo psicoterapeutico. A sistematizzare le tecniche da mettere in atto in un processo di cura è stata la psicologa e arte-terapeuta Judy Weiser (1993), la quale definisce la foto-terapia come una tecnica di counselling in cui il terapista interagisce con il paziente attraverso l’immagine per far emergere vissuti, ricordi e pensieri. Una fotografia, intesa come medium comunicativo privo di valenza artistica, ha il potere catalizzatore di suscitare emozioni e di far proiettare su di sé un significato che per il paziente è spesso arduo spiegare e riconoscere a parole. Che sia una seduta individuale o di gruppo, un intervento terapeutico o puramente formativo, l’immagine fotografica è uno stimolo di partenza per una naturale conversazione laddove in particolare la comunicazione verbale non è sufficientemente efficace. La potenza di tale strumento sta nella sua capacità di fermare il tempo e di impregnarsi emotivamente dei vissuti del paziente. Una fotografia non è solo una stampa, ma racchiude un’immagine che, per chi l’osserva, può prendere vita potentemente. In una fotografia è possibile rivivere il passato, riflettere sul presente e immaginarsi il proprio futuro e, se il paziente è guidato correttamente, svelerà il proprio sistema di valori, i giudizi e le aspettative verso di sé e il mondo, narrando le proprie emozioni sulla base dei suoi scatti e delle immagini da lui scelte.

Fotografare se stessi

Un caso particolare è quando un paziente/una persona posa per delle foto o quando costruisce un autoritratto in cui cerca di rappresentare un’immagine che ha nella propria mente, di mostrare la propria identità e i propri stati d’animo. Nell’autoritratto, infatti, la persona ha il pieno controllo su ogni aspetto dello scatto: ciò che vuole mostrare, come costruirlo, dove e quando eseguire la fotografia . Attraverso questa tecnica, la persona esplora se stessa senza interferenze esterne, nessuno che osserva, che giudica o che controlla i suoi risultati. In questo modo, diventa possibile esplorare il proprio corpo e la propria interiorità, confrontarsi con le proprie identità e i vissuti emotivi, e, all’interno di un percorso terapeutico, discutere di tematiche quali l’accettazione e l’autostima e riconoscere le emozioni più recondite, spesso eluse consapevolmente dal paziente.

Potere terapeutico della fotografia

Data la potenza del medium fotografico, non sorprende come persone comuni, fotoamatori e fotografi professionisti abbiano esplorato se stessi costruendo lavori personali di grande impatto emotivo e sbalorditivi dal punto di vista psicologico.
La filosofa Cristina Nùñez da anni diffonde la sua esperienza nell’autoritratto, inteso come strumento catartico per esprimere i propri conflitti interiori e per promuovere un processo di creatività liberatoria, resiliente e funzionale. Lei per prima ha sperimentato dolore e sofferenza, derivate da un passato dedito alla droga, alla prostituzione e a sentimenti di odio, vergogna e gelosia. Ha iniziato ad autoritrarsi come modo per osservarsi e come segno di indipendenza. Attraverso la macchina fotografica Cristina Nùñez ha deciso di rielaborare la sua esperienza emotiva, di immortalare il suo stato d’animo. L’uso della fotografia in psicoterapia è stato l’unico modo per accettare e controllare i pensieri depressivi che percuotevano incessantemente la sua mente. Con le immagini ha ricostruito il suo dolore creando un lavoro personale usato oggi come risorsa educativa rivolta a coloro che vivono la sua stessa malattia e a chi non comprende appieno il suo male.
Altro esempio di catarsi personale è il lavoro “Psychological self-portrait” di Deedra Baker che ha messo in scena una lotta metaforica contro il proprio sé depresso, immortalando la sua anima travagliata e sofferente in un ambiente sterile e freddo.

Fotografia come strumento terapeutico

La fotografia in psicoterapia, e l’autoritratto in questo caso specifico, è in conclusione, uno strumento complementare che può risultare estremamente utile nella cura terapeutica del disagio psicologico in quanto permette al paziente di conoscere e di confrontarsi profondamente con la propria immagine interiore ed esteriore; l’immagine fotografica si rivela essere uno strumento utile per guidare il paziente verso l’accettazione di situazioni difficili e sentimenti spesso insostenibili, laddove è necessario consolidare un’alleanza terapeutica che va oltre la comunicazione verbale.

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